ACCIAIO INOX E CORROSIONE

Uno dei materiali che tende a resistere a corrosione è l’acciaio inox (definito come acciaio con almeno il 10% di cromo). L’aggiunta di cromo provoca la passivazione (formazione di uno strato di ossido stabile con spessore di pochi micron) sulla superficie. Di conseguenza, l’acciaio inox non si corrode facilmente o si macchia a contatto con l’acqua come accade per l’acciaio al carbonio. Tuttavia, in alcune circostanze, lo strato di passivazione può spezzarsi, provocando un attacco locale come la corrosione alveolare. La corrosione alveolare non consente però la previsione della durata come ad esempio avviene per i rivestimenti allo zinco. In generale, per una data applicazione, occorre selezionare una qualità di acciaio stabile e che non dimostra corrosione nell’ambiente dato.

Un’altra grave forma di corrosione legata all’acciaio inox è la tensocorrosione. L’acciaio inox austenitico può essere soggetto a questa forma di corrosione in ambienti specifici altamente aggressivi, come le piscine coperte. In tali casi, per alcune applicazioni occorre utilizzare qualità di acciaio altamente resistenti alla corrosione, ad es. qualità con contenuto di molibdeno superiore al 6%

A FAVORE DELLA CORROSIONE…

La previsione della corrosione è abbastanza aleatoria ma ci sono dei parametri che contribuiscono notevolmente all’innescare i fenomeni della corrosione (in ordine di importanza)

  1. Concentrazione dell’agente aggressivo
  2. Temperatura dell’agente aggressivo
  3. velocità del fluido sulle pareti del materiale
  4. Finitura superficiale del prodotto

Per queste ragioni è bene conoscere l’ambiente in cui andrà a lavorare il prodotto

La resistenza dell’acciaio inox contro la corrosione alveolare può essere stimata approssimativamente attraverso l’indice PREN (acronimo di Pitting Resistance Equivalent Number ovvero il numero equivalente di resistenza alla vaiolatura). l’indice PREN si basa sulla composizione chimica dell’acciaio considerando la quantità di cromo, molibdeno e azoto. In letteratura, per tale calcolo vengono indicate varie equazioni. Le equazioni più comuni sono:

La formula in alto vale per Mo<3%,
quella in basso per Mo≥3%

In generale, acciai con un PREN>32 possono essere ritenuti resistenti agli ambienti marini.

Il PREN però è pensato come indice di resistenza al pitting, quindi ogni altro tipo di ambiente diverso da quello specifico per l’innesco di tale corrosione non è da considerarsi attendibile così come non è attendibile il suo confronto tra famiglie di acciai diversi: due acciai inossidabili con PREN identico, si comporteranno in maniera analoga in fase di “corrosione” potranno essere totalmente diversi in fase di ripassivazione.

TIPOLOGIE DI ACCIAIO INOX

Principalmente gli acciai inox si dividono in 3 grandi famiglie:

  • martensitici
  • ferritici
  • austenitici

I martensitici sono acciai contenenti solo cromo in percentuale variabile tra 11% e 18% con piccole quantità di altri elementi in lega. Possono aumentare le loro caratteristiche meccaniche tramite trattamenti termici in quanto sono gli unici a poter essere temprati oltre che a garantire una buona lavorabilità per deformazione plastica (specie a caldo) e discreta truciolabilità nella sua versione solforata

I ferritici sono anch’essi acciai contenenti solo cromo ma la percentuale aumenta fino a valori tra 16% e 28% ma contrariamente a prima non possono subile trattamenti termici per innalzarne le caratteristiche meccaniche. Al contrario vi è ora una buona lavorazione per deformazione plastica sia a caldo che a freddo euna buona saldabilità

Gli austenitici presentano invece oltre al cromo in percentuale compresa tra 17% e 26% anche nichel in percentuale tra 7% e 22%. Qui la lavorabilità per deformazione plastica a freddo è buona (soprattutto se per imbutitura) e la lavorabilità alle macchine utensili oltre che la saldabilità.

Esiste però una famiglia “mix” tra gli austenitici e i ferritici chiamati acciai Duplex dove la struttura dell’acciaio si presenta sua come austenitica (acrbonio interstiziale nel reticolo ferro gamma cubico a facce centrate) che ferritica (carbonio interstiziale nel reticolo ferro alfa cubico a corpo centrato) generando maggior resistenza alla corrosione sotto stress oltre che caratteristiche meccaniche e di saldatura superiori a quelle dei ferritici semplici.

Classificazione dei più comuni acciai inox

Resta inteso che la scelta della tipologia dell’acciaio inox è legata non solo alla sua resistenza alla corrosione ma anche alla sua resistenza meccanica e lavorabilità

EVITARE LA CORROSIONE GALVANICA

La corrosione galvanica può essere evitata attraverso la giusta scelta della combinazione di materiali. Tuttavia, ciò non è sempre possibile e a volte occorre considerare altre misure.

Per ridurre al minimo la corrosione galvanica, la differenza nel potenziale di corrosione libera tra i materiali deve essere più bassa possibile e/o il rapporto tra la superficie del metallo più nobile e quella del metallo meno nobile deve essere molto alto. Il potenziale di corrosione libera dipende dal potenziale standard, un valore termodinamico dato per ciascun metallo e l’ambiente corrosivo. Maggiore è il potenziale, più nobile è il metallo. Il contatto con un metallo con potenziale minore provoca la corrosione galvanica del metallo meno nobile. Da qui la possibilità di valutare l’applicazione di anodi sacrificali per eliminare (o meglio, ridurre quanto più possibile) la corrosione del materiale da proteggere.

Potenziale di corrosione in acqua marina

RICORDI…

Esattamente 4 anni fa ero in un’altra azienda, periodo prima di Pasqua e necessità secondo il progetto KAIZEN (magari in futuro scriverò un post su cos’è il kaizen ma vi assicuro che non è una parolaccia!) di dover rivoluzionare completamente l’azienda nel suo layout… E per velocizzare il tutto nessuno è stato escluso da dare una mano quindi ecco a voi l’ingegnere mulettista 🙂

Chi ha detto che che non sono un uomo d’azione?

PROTEGGERSI DALLA CORROSIONE

Spiegato il fenomeno della corrosione e le varie tipologie di corrosione la domanda è: come ci si può proteggere? Per minimizzare i fenomeni di corrosione si opera in uno o più dei seguenti modi:

  • Difesa passiva aumentando la resistenza totale del circuito di corrosione (vernici, pitture isolanti, rivestimenti con bitume e catrame);
  • Eliminando o riducendo le cause di formazione delle “pile” (uso di metalli nobili o passivanti, utilizzo di metalli simili);
  • Difesa attiva invertendo i processi di natura elettronica eliminando le cause che provocano la corrosione.

RIVESTIMENTO METALLICI NELLE LEGHE BASE FERRO

  • Cadmio: il rivestimento al cadmio è ottenuto principalmente per elettrodeposizione; hanno spesso funzione estetica e si impiegano molto nel campo elettrico. Presentano una buona resistenza a corrosione ma inferiore a quella offerta dallo zinco. I sali di cadmio presentano tossicità pertanto occorre fare attenzione a dove viene impiegata questa tipologia di protezione
  • Piombo: avviene generalmente per immersione a caldo o per elettrodeposizione, è diffuso nelle apparecchiature chimiche data la buona resistenza offerta dal materiale. Anche in questo caso per la tossicità dei sali di piombo occorre prestare attenzione a dove viene impiegata la protezione.
  • Alluminio: ottenuto mediante immersione in alluminio fuso con silicio o zinco, non si ottiene una protezione catodica ma una vera e propria barriera contro gli agenti esterni. Con questo procedimento si ottengono valori di protezione elevata contro la corrosione a caldo (800÷900°C).
  • Stagnatura a immersione: consiste nell’immersione del prodotto in un bagno di stagno fuso alla temperatura di 310°C previo decapaggio delle superfici e immersione in flusso disossidante (cloruro di zinco e cloruro di ammonio) per ridurre le tensioni superficiali tra stagno e lega. A seguito del processo si raggiunge un rivestimento minimo di 24 g/m2.
  • Stagnatura elettrolitica: la lega viene posta in un bagno elettrolitico dove gli elettrodi sono costituiti da barre di stagno purissimo. Regolano opportunamente la corrente è possibile ottenere uno spessore di deposito desiderato. Successivamente si ottiene la passivazione che agisce da protettivo contro aria e agenti atmosferici.
  • Nichel: spesso utilizzato come elemento decorativo oltre a protezione negli ambienti chimici, viene depositato con spessore fino a 300μm conferendo un elevata protezione agli ambienti industriali, , agli alcali, …
  • Cromo: ottenuto per elettrolisi dell’acido cromico in presenza di un catalizzatore (acido solforico o acido fluoridrico o acido fluorosilicico in piccole percentuali) si deposita sul materiale con spessori di 200÷300μm dando aspetto lucente oltre che un’elevata resistenza a corrosione e ad usura.
  • Nichel + cromo: impropriamente denominate cromature consistono in un rivestimento di nichel con spessori di 20÷50μm e sopra uno strato di cromo di 0,2÷0,8μm conferendo oltre all’aspetto estetico una buona resistenza a corrosione atmosferica.
  • Rame: deve essere protetto a sua volta con lacche o altri trattamenti superficiali per resistere a ossidazione. Principalmente viene usata la ramatura nei circuiti stampati e nell’industria tipografica.
  • Materiali preziosi: il rivestimento si ottiene in genere con bagni cianidrici e non risente dell’ossidazione; vengono utilizzati nell’industria elettronica e nei circuiti stampati.

METALLIZZAZIONE

Consiste nel proiettare zinco polverizzato sulla superficie da proteggere mediante pistole ossiacetileniche o ad arco voltaico. Indispensabile è la perfetta pulizia della superficie e la sabbiatura della stessa in modo da renderla ruvida facilitando l’ancoraggio dello zinco fuso.

Processo di metallizzazione con cannello ossiacetilenico

PLACCATURA

Consiste nel far aderire al foglio di lamiera metallica da proteggere un lamierino di rivestimento mediante onda d’urto esplosiva o tramite laminazione a caldo creando una compenetrazione dei cristalli. Generalmente questo processo viene eseguito su lastre d’acciaio o di leghe leggere.


Pacco di lamiere pronte per essere placcate mediante metodo “colclad”

PROTEZIONE CATODICA

Il metodo galvanico (chiamato anche protezione con anodi solubili) consiste nella realizzazione di una coppia galvanica in cui il materiale da proteggere (catodo) abbia un valore di elettronegatività più basso di quello del materiale ricoprente (anodo di Zn o Al): si ottiene una corrente in direzione del materiale da proteggere il quale non cedendo elettroni cessa la sua corrosione. Lo svantaggio però consiste nell’usura dell’anodo che dovrà essere sostituito. Questo metodo è un ottimo protettivo per componenti soggetti a corrosione nel terreno.

Il metodo elettrolitico, a differenza del precedente si applica una corrente elettrica di 0,05÷10 mA in modo che il materiale da proteggere si comporti da catodo.

Schema di protezione galvanica
Schema di protezione elettrolitica

ZINCATURA

Il vantaggio principale della zincatura elettrolitica consiste nella grande economicità del processo grazie al minor consumo di zinco rispetto al procedimento termico. Lo zinco forma molti sali solubili e, sotto determinate condizioni, può essere elettrodepositato da soluzioni acide e da soluzioni alcaline, quindi a seconda delle esigenze di produzione si possono effettuare lavorazione varie. I rivestimenti elettrolitici di zinco possono essere migliorati nell’aspetto e nel
potere protettivo con un trattamento finale di “passivazione” o “cromatazione”.
E’ importante ottenere depositi di zinco puro, poiché la presenza in essi di metalli estranei può accelerare di molto la corrosione atmosferica. Sotto questo punto di vista le soluzioni acide al solfato sono da preferirsi a quelle al cianuro, perché c’è minore tendenza di passaggio di impurezze metalliche dagli anodi ai depositi nei bagni al solfato che in quelli al cianuro, nei quali ultimi i potenziali di scarica di parecchi dei metalli sono molto vicini. Un esempio è dato dall’ottonatura (elettrodeposizione di leghe), nella quale lo zinco e il rame sono depositati simultaneamente solo dalle loro soluzioni di cianuri, mentre è pressoché impossibile depositarli da soluzioni acide

Esempio di impianto per
zincatura elettrolitica

La zincatura per immersione a caldo è il più diffuso dei processi di protezione delle leghe base ferro ottenuto per immersione in zinco fuso alla temperatura di 450-460°C che consente il formarsi di un rivestimento metallico protettivo. Un esame metallografico del manufatto rivelerà una serie di strati intermedi di lega Fe-Zn simili a quelle ottenibili dal diagramma di equilibrio con spessori di 70÷120µm che isola dagli agenti corrosivi, conferisce durezza superficiale e forma una barriera elettrochimica dato il comportamento anodico rispetto alla lega base ferro.

La zincatura laminare a freddo (denominata anche “zinc-o-fix”) è un procedimento nato negli anni ’70 e consiste nell’applicazione di un adesivo di zinco estremamente puro (99,9%) di spessore 80÷100µm che permette di formare una pila galvanica nel caso di infiltrazione in cui il catodo è la superficie metallica. Questo procedimento è ottimo come protezione da corrosione atmosferica e nel terreno ma non in acqua.

La sherardizzazione infine consiste nella diffusione dello zinco nell’acciaio. Il manufatto viene posto in cassoni in cui è posto il cementante e portati a 300÷400°C per diverse ore. Si ottiene un rivestimento composto da strati di lega Fe-Zn con spessore funzione del tempo di permanenza. Questo trattamento consente di ottenere uno spessore di protettivo uniforme in su tutta la superficie del pezzo.

…E LE VERNICI?

La vernice è un materiale fluido che viene steso sopra una superfici con scopo sia estetico che di protezione. E’ costituita da un componente filmogeno con caratteristiche adesive (legante), da un solvente che lo rende fluido e infine, da un agente plastificante che ne migliora le caratteristiche elastiche una volta essiccata. Alcune vernici sono costituite da plastica/gomma liquida che una volta essiccata può essere anche rimossa in modo più agevole rispetto alla vernice tradizionale. Il processo di formazione della pellicola dipende essenzialmente dalla natura del componente filmogeno: oli siccativi (olio di lino cotto), resine naturali (copale), cellulosa e vari tipi di resine sintetiche (acriliche, viniliche, poliestere, fenoliche, epossidiche, poliuretaniche e alchidiche). Generalmente subiscono un processo di invecchiamento cosiddetto nobile, consumandosi lentamente senza spellarsi, dando l’opportunità di una manutenzione più semplice.

LA MACCHINA VIRTUALE

Nella sezione sui miei interessi ho scritto che ho realizzato questo dito su una macchina virtuale. Ma cos’è realmente una macchina virtuale?

Partiamo dal fatto che per esistere una macchina virtuale deve esistere sempre una macchina reale: senza il “ferro” nulla è possibile. Sulla macchina fisica verrà installato un sistema che permetterà di allocare parte delle risorse per realizzare le macchine virtuali. Facciamo un esempio: un server fisico è dotato di 4 processori e di 16 Gb di RAM. Il virtualizzatore dovrà allocare per il suo funzionamento una parte minima di risorse e la restante parte può essere allocata per un numero variabile di macchine virtuali (in teoria 3 macchine allocando ad ogni macchina un singolo processore). Su ogni macchina virtuale, compatibilmente con le risorse, viene poi installato un sistema operativo e può essere utilizzato come se fosse un PC reale.

What Is the Difference Between Physical Servers and VMs?

COME REALIZZARE UNA MACCHINA VIRTUALE

Poichè la maggior parte degli utenti usano Windows le alternative principali possono essere 3:

  • Hyper-V che è il virtualizzatore nativo di Microsoft
  • VirtualBox
  • VmWare

in realtà per chi possiede un server c’è anche una quarta opportunità che è quella di installare il virtualizzatore di tipo 1 ESXi

La differenza tra hypervisor di tipo 1 e 2 consiste nel fatto che quelli di tipo 1 hanno un controllo diretto dell’hardware dell’host mentre quelli di tipo 2 sono eseguiti all’interno di un sistema operativo come un qualsiasi altro programma. Questo non deve trarre in inganno perché Hyper-V, sebbene gira all’interno di Windows, è a tutti gli effetti un hypervisor di tipo 1.

VIRTUALIZZAZIONE CON HYPER-V

Primo step della creazione della macchina virtuale è avere installate le componenti di virtualizzazione:
Pannello di controllo–>Programmi e funzionalità–>Attivazione e disattivazione delle funzionalità di windows
selezionare “Hyper-V” con le sue sotto componenti e procedere all’installazione.

Andiamo adesso a cercare “Console di Gestione di Hype-V” tramite la barra di ricerca

Il secondo step è la creazione di una macchina virtuale: occorre assegnare, tramite la procedura guidata, le caratteristiche della macchina.

Schermata iniziale
Assegnazione del nome alla macchina virtuale
Assegnazione della tipologia di macchina
Assegnazione della memoria
Selezione della rete a cui far collegare la macchina virtuale
Assegnazione dello switch di rete
Scelta del sistema operativo da installare (scaricato precedentemente…)
Riepilogo

La rete viene configurata di default da Hyper-V per comunicare direttamente con la rete esterna, il consiglio è quello di impostare un indirizzo MAC statico e come sempre tramite le impostazioni del router assegnare alla macchina un IP statico.

La macchina ora risulta creata e possiamo procedere all’installazione di Ubuntu Server facendo clic con il tasto destro sulla macchina virtuale creata e quindi su “avvia”

TIPI DI CORROSIONE

CORROSIONE INTERGRANULARE

Detta anche “corrosione intercristallina” si verifica ai bordi dei grani cristallini che hanno subito un trattamento di “sensibilizzazione” (il riscaldamento del materiale che senza provocare cambiamenti di stato comporta la precipitazione di carburi a bordo grano). Nel normale utilizzo della bombola l’intervallo di temperature è inferiore a quello che innesca la precipitazione dei carburi e la conseguente corrosione.

Corrosione intercristallina

CORROSIONE INTERSTIZIALE

Denominata anche “crevice corrosion” avviene nel punto di contatto fra due superfici che possono essere metalliche del stesso tipo o differenti, metalliche e non metalliche, metalliche e di prodotti di corrosione,… nelle fessure tra le due superfici, ristagna acqua che si impoverisce sempre più di ossigeno (anodo); il liquido circostante (catodo) al contrario si rinnova regolarmente e assume una concentrazione di ossigeno sempre più elevata; si attiva così una corrosione elettrochimica, che con l’accumulo di prodotti di corrosione si autoalimenta e accelera il processo. Il problema è facilmente individuabile in corrispondenza dell’attacco della rubinetteria.

CORROSIONE PER VAIOLATURA

La “Pitting corrosion”: è un tipo di corrosione localizzato, ad andamento penetrante o cavernoso.
Provoca perforazioni che generalmente non vengono rilevate se non a danno avvenuto. È caratterizzata da zone anodiche localizzate, molto meno estese di quelle catodiche circostanti. È frequente negli ambienti ricchi di ioni cloro. Si svolge in 2 fasi:

  • La prima fase d’attacco che inizia nei punti a passività superficiale più debole (bordo grano, zone incrudite, inclusioni) o nel caso di metalli molto puri dove lo strato di passività superficiale è interrotto.
  • La seconda fase di sviluppo è caratterizzata da un’accelerazione del fenomeno corrosivo, poiché ad una piccola area anodica corrisponde una grande area catodica.

Il fenomeno del pitting interessa gli acciai inox, le leghe di alluminio, quelle di rame e gli acciai al carbonio.

Vaiolatura perforante (sopra) e a caverna (sotto)

CORROSIONE SOTTO SFORZO

Chiamata anche “stress corrosion”, si genera per la presenza di una sollecitazione di trazione del pezzo in ambiente corrosivo avvenendo in profondità (punto 5) non è visibile e porta a cedimento senza preavviso del componente. Nel caso dei recipienti in pressione è evidente la concentrazione di sforzi in corrispondenza dell’apice della cricca che si comporta da anodo accelerando il fenomeno. Determinanti sono gli sbalzi termici, tensioni dovute a forze interne o esterne o cricche originate dal solo ambiente corrosivo. In assenza di tensioni il decadimento per corrosione sarebbe lento e spesso di scarso rilievo. Risentono di questo problema soprattutto gli acciai inox austenitici in presenza di soluzioni acquose di cloruri e alcune leghe di alluminio e magnesio in presenza di acqua marina.

Cricca schematica sottoposta a sforzo

CORROSIONE PER FATICA

Si manifesta con una serie di cricche transgranulari e raramente intergranulari, filiformi e poco ramificate. L’effetto risultante di corrosione e fatica tende a diminuire la sollecitazione limite e a far scomparire il limite a fatica.

Diagramma di Wohler: curva 1 ambiente normale, curva 2 ambiente corrosivo

Nota: Resta inteso come sempre che questo post è destinato a tutti, per gli approfondimenti del caso si rimanda ai “sacri testi” scientifici

IL FENOMENO DELLA CORROSIONE

La corrosione è un processo di natura elettrochimica lento, irreversibile ma soprattutto continuo di tutti i materiali che va a peggiorare le caratteristiche del materiale stesso fino a provocarne un cedimento. L’esempio più comune di corrosione è la ruggine che può banalizzata come ossido di ferro (anche se in realtà è un insieme di composti molto più complesso…).

LA CORROSIONE IN AMBIENTI UMIDI

La corrosione del materiale è influenzata da fattori esterni (il pH dell’ambiente di contatto, la presenza di elementi inibitori, la temperatura, l’azione di correnti elettriche esterne, la velocità dei fluidi che lambiscono le superfici) e fattori interni (le proprietà chimiche del materiale, la microstruttura, le tensioni di deformazione, lo stato superficiale). Un esempio dell’andamento della velocità di corrosione in funzione del pH della soluzione a contatto con diversi tipi di metalli è schematizzato qui sotto.

Velocità di corrosione in funzione del pH
  • Nei metalli nobili (Au, Ag ) la velocità di corrosione è bassa e non risentono del pH (curva 1);
  • Nei metalli anfoteri (Al, Zn, Pb) la corrosione aumenta velocemente al variare del pH sia spostandosi nelle zone acide che in quelle basiche (curva 2);
  • Gli altri metalli (Fe, Ni, Mg,…) sono fortemente corrosi in ambiente acido mentre in ambiente basico lo strato protettivo si rafforza rendendoli stabili e praticamente immuni alla corrosione (curva 3).

La composizione delle acque dolci determina loro potere corrosivo, il loro potere incrostante, il potere ossidante. Generalmente in essa potranno essere presenti:

  • Sali (generalmente bicarbonati e carbonati di calcio e di magnesio) che influenzano la corrosione per contatto galvanico;
  • Cloruri;
  • Solfati, nitrati, ammoniaca e acido solforico a seguito di fenomeni di decomposizione biologica;
  • Acidi di vario tipo provenienti da sostanze inquinanti.

Nell’acqua marina il fenomeno corrosivo è elevato per la notevole presenza di cloruri che favoriscono un’elevata conducibilità elettrica esaltando il fenomeni corrosivi di tipo galvanico.
In ambiente atmosferico la corrosione invece è innescata principalmente da una reazione di tipo elettrochimico e di gran lunga inferiore da reazione di tipo puramente chimico. L’elettrolita può essere costituito semplicemente da uno strato di condensa dovuto all’umidità dell’aria.
A livello meccanico, qualora la superficie di un pezzo presenti porosità, incrinature, cricche o altro può verificarsi una condensazione di tipo fisico dovuta alla tensione di vapore presente in una fase liquida contenuta in un poro capillare. Tale fenomeno è in relazione con il raggio di curvatura R del menisco della fase liquida (un menisco concavo e con basso R favorisce la condensazione del vapore sovrastante facendo in modo che ogni imperfezione superficiale possa costituire sede di innesco di corrosione atmosferica.

Esempio di corrosione
Rappresentazione del meccanismo di corrosione per aerazione
Schematizzazione della porosità capillare

LA CORROSIONE PER COMBINAZIONE DIRETTA

Questo tipo di corrosione è detta anche “a secco” e può verificarsi in assenza di umidità, avviene per azione di sostanze chimiche, agenti atmosferici, sostanze contenute in acque marine o inquinate. Queste sostanze, a contatto con metalli o leghe metalliche, danno luogo a composti poco compatti che quindi sono asportati scoprendo altro metallo che sarà a sua volta soggetto da corrosione. Per lo stesso agente chimico la velocità di corrosione varia con temperatura, pressione e rugosità superficiale del metallo. La corrosione è prodotta da:

  • Ossigeno che causa ossidazione;
  • Acido solfidrico H2S che forma una pellicola superficiale facilmente asportabile;
  • Ossidi di zolfo in presenza di umidità reagiscono come:

i quali prodotti attaccano le leghe ferrose e portano alla formazione di solfato di ferro FeSO4; altro
solfato può aversi per reazione di Fe2O3 (la ruggine) con SO2.

Nel prossimo post sulla corrosione proverà a fare una carrellata sui vari tipi di corrosione

GESTIRE LA STAMPA 3D DA REMOTO

A volte quello che devo stampare può avere una durata molto breve (per esempio un Marvin benchmark) ma a volte, se la complessità è elevata, possono servire svariate ore. La domanda ricorrente è sempre la stessa: starà procedendo tutto per il meglio? Ci sarannno stati dei problemi? Per far questo la soluzione è OctoPrint.

CHE COS’È OCTOPRINT

Octoprint è un’interfaccia web che gira su una distribuzione derivata da raspbian, il tutto installato su una scheda Raspberry (dalla versione 3 in poi è meglio…). Permette di controllare da remoto via browser la stampante 3D e di modificare alcuni paramentri di stampa durante il funzionamento.
Altra caratteristica importante è la possibilità di avviare la stampa di programmi gcode (che verranno archiviati in una SD a bordo di raspberry) e la visualizzazione tramite webcam della stampante stessa (con possibilità di realizzare anche dei simpatici timelapse)

COSA OCCORRE

  • Scheda Raspberry (dalla 3B in poi)
  • MicroSD (ideale 16Gb)
  • Webcam (USB acquistata oppure versione per Raspberry
  • Alimentatore USB con cavo mini o micro USB a seconda della scheda Raspberry
  • Cavo USB-mini/microUSB a seconda della stampante
  • Dissipatori di calore (opzionali)
  • Ventola (opzionale)
  • Lampada (opzionale)

INSTALLAZIONE SOFTWARE

La prima cosa da fare è procurarsi OctoPrint dal sito ufficiale, successivamente un software per flashare sulla miscroSD OctopPi, ad esempio Balena Etcher scaricabile da qui.
Inserita la scheda SD nel PC, lanciare Etcher e seguire le istruzioni.
Completata l’installazione abbiamo 2 opportunità collegare la scheda Raspberry alla rete:

  • via LAN
  • via WiFi

In questo secondo caso occorre entrare nella scheda SD e cercare il file octopi-wpa-supplicant.txt e modificarlo come segue:

WPA/WPA2 secured
network={
ssid=”nome_rete_wifi_SSID
psk=”password_di_rete
}

Più in basso decommentare (ovvero togliere il carattere #)

Uncomment the country your Pi is in to activate Wifi in RaspberryPi 3 B+ and above
For full list see: https://en.wikipedia.org/wiki/ISO_3166-1_alpha-2
country=GB # United Kingdom
country=CA # Canada
country=DE # Germany
country=FR # France
country=US # United States
country=IT Italy

Salvare ora il file, estrarre la scheda dal PC e inserirla nel Raspberry

Se hai deciso di utilizzare i dissipatori e la ventola, questi vanno posizionati in corrispondenza di CPU, memoria, chip USB e chip LAN. Il consiglio è quello di stampare anche questa struttura per poi posizionare la ventola di raffreddamento che andrà collegata ai pin 1 (+3,3V) e 6 (GND) oppure, se si necessita di maggiore potenza refrigerante ai pin 4 (+5V) e 6 (GND). Nel caso in cui abbiate scelto la camera Rasberry inserite il cavo piatto nel connettore “CAMERA” della scheda e chiudete il case stampato (ne trovate di ogni tipo su thingiverse)

Collega il cavo LAN (se necessario), collega il cavo USB alla stampante e al Raspberry, collegate il cavo piatto alla camera. Accendete la stampante prima di accendere il Raspberry!.

CONFIGURAZIONE DI RETE

Come sempre occorre fare qualche configurazione della rete perché tutto vada per il meglio ovvero impostare un indirizzo IP statico e aprire la porta http 80 per raggiungere da fuori la scheda. Nel mio caso ho un problema extra: sulla porta 80 si accede alche alla macchina virtuale Linux che ospita questo sito! Come fare allora?

Iniziamo ad accedere al router per vedere qual’è il MAC address della scheda e copiamolo.
Andiamo ad assegnargli un indirizzo IP statico in modo che, dovessimo scollegarlo dalla rete per qualche motivo (ad esempio un banale blackout elettrico oppure un riavvio del router), il Raspberry non cambierà indirizzo IP.

Fin qui tutto (abbastanza) semplice… ma resta da risolvere il problema della porta 80 che viene utilizzata sia dal sever per accedere a questo sito che dal Raspberry per utilizzare l’interfaccia web Octoprint. Per risolvere tutto ciò la scelta più ovvia è quella di lasciare al server l’utilizzo della porta 80 ed eseguire il port triggering ossia effettuare la chiamata verso il Raspberry da remoto utilizzando una porta diversa e “istruendo” il router a girarla all’indirizzo IP come se fosse stata fatta alla porta 80.

Ricordatevi di salvare le impostazioni!!

A questo punto non resta che digitare l’indirizzo ip nel browser e sarete proiettati nella pagina di setup del vostro octoprint.

Nota1: se avete usato il port triggering (ad esempio sulla porta 8888) ricordatevi di aggiungere alla fine dell’indirizzo ip (che ipotizziamo essere 192.168.0.100) la specifica della porta ossia [indirizzo_IP]:[porta] (Ad esempio 192.168.0.100:8888).

Nota2: la specifica della porta dovrà essere riportata nelle configurazioni di OctoPrint, ad esempio nelle impostazioni webcam altrimenti non visualizzerete nulla.

OFFICE365 E SFARFALLIO DELLO SCHERMO

Credo che nulla possa essere più fastidioso di avere uno schermo che da problemi di visualizzazione mentre si lavora… e all’improvviso oggi Office365 ha iniziato ad avere strani sfarfallii e problemi di visualizzazione generando zone nere sullo schemo e muovendosi a scatti. Come fare?

UNA POSSIBILE SOLUZIONE

Iniziamo con aprire “gestione attività” facendo click con il tasto destro sulla barra delle applicazioni e selezionando la voce oppure con la combinazione rapida CTRL+MAIUSC+ESC
Nella nuova finestra se non fosse selezionato in basso a sinistra cliccare su “più dettagli”
Selezionare “File”, quindi “Esegui nuova attività”
Nella nuova finestra che si apre digitare il comando CMD e selezionate la casella “Crea attività con privilegi amministrativi” quindi premere ENTER

Creare una nuova attività in Gestione attività

Nella finestra che si apre ora basta digitare quanto segue
for /r "%ProgramFiles(x86)%\Microsoft Office\root" %i in (GROOVEEX.*) do ren "%i" *.bad
quindi premere invio.
Problema risolto? bene! Puoi fermarti qui.

Se invece il problema persiste (come sul pc di mia mamma) allora digitare il comando (compreso il carattere ” iniziale)
C:\Programmi\Common Files\microsoft shared\ClickToRun\officec2rclient.exe" /update USER ForceAppShutdown=True
Aspettatate che Office abbia completato l’installazione e il problema dovrebbe essere definitivamente risolto.

MAI SMETTERE DI SOGNARE…

Ovviamente il mio portafogli non me lo permette ma perché non provare a partecipare a un concorso dove, con un po’ (tanta!) fortuna si può vincere un viaggio sulla luna?

L’UMARELL…

“Pensionato che si aggira per lo più con le mani dietro la schiena, presso i cantieri di lavoro, controllando, facendo domande, dando suggerimenti o criticando le attività che si svolgono”
A dare questa definizione è il dizionario Zanichelli che ha deciso di introdurre la mitica figura presente ovunque ci siano dei lavori. E la versione da scrivania è sempre presente a controllare il lavoro che si svolge in ufficio. Ecco la sua genesi…

La genensi dell’Umarell sulla stampante 3D…